I focus precedenti

L’Oee è diventato la metrica di riferimento per misurare ‘quanto rende’ un impianto, ma troppo spesso resta un numero da esibire in report e confronti tra stabilimenti. Il salto di qualità arriva quando lo si usa per scomporre in modo sistematico le perdite traducendolo in una diagnosi operativa. Leggere l’indice come il risultato di processi efficaci significa chiarire responsabilità tra produzione, manutenzione e ingegneria
Misurare l’efficienza con un solo numero è comodo, ma porta a un rischio: trasformare l’Oee in un totem e perdere di vista dove si gioca davvero la partita, cioè sulle perdite che bloccano capacità, servizio e margini. I direttori operations devono usare l’indicatore come una radiografia: leggere i dati per linea e prodotto, collegare produzione e manutenzione, mettere in fila supply chain, magazzini e turni di lavoro
Un’impresa può finire in amministrazione giudiziaria non tanto per lo sfruttamento che pratica, quanto per quello che tollera lungo la filiera. La difesa parte tutta dai processi: mappare fornitori e subappalti, introdurre check standard su paghe, orari e sicurezza e farli valere nei contratti e nella rendicontazione interna, affinché la legalità diventi un criterio operativo di gestione della supply chain
Volatilità, tensioni geopolitiche, vincoli normativi: per affrontare queste sfide anche i fornitori sono una leva strategica nelle mani degli operations. Ma non si tratta di scegliere solo i più affidabili (e meno cari), quanto di costruire un portafoglio che diversifica i rischi. La flessibilità è efficace solo se progettata e misurata, anche quando costa un po’ di più: perché investire nei partner permette loro di crescere ed essere a loro volta resilienti
Quando una realtà entra nel perimetro del gruppo, entrano subito ‘in casa’ anche i suoi rischi regolatori, ambientali e sociali. Da quella lettura non discende soltanto un eventuale sì o no all’operazione, ma il conto di lungo periodo: quanto peseranno su fabbrica e filiera gli adeguamenti richiesti, quali cambi di processo e quali scelte sui fornitori serviranno, con quali tempi. L’adeguamento passa soprattutto da procurement e riprogettazione, ma sta in piedi solo se aggancia anche una cultura aziendale condivisa
Crescere per linee esterne significa anche affrontare una sfida: trasformare un’operazione raccontata in termini di sinergie in risultati che tengano in fabbrica (e sul conto economico). Qui i direttori operations diventano il perno della partita: leggono la logica industriale, analizzano plant e reti logistiche, decidono dove ‘esportare’ il proprio modello e dove lasciare che sia l’acquisita a dettare lo standard. L’obiettivo? Coniugare efficienza produttiva, risposta al mercato e persone
L’eccellenza di processo nasce da una serie di azioni: eliminare gli sprechi, restare agganciati alla domanda, accorciare il lead time per correre solo dove serve. Ma senza persone coinvolte questo equilibrio non regge. E per garantire la tenuta nel tempo serve una ‘governance del cambiamento’ (continuo). La ricetta? Visione, competenze, risorse, incentivi e piani d’azione
In un contesto di shock geopolitici, domanda instabile e filiere fragili, ‘fare meglio e più veloce’ non basta più. Lo hanno detto senza giri di parole i direttori operations al Festival Città Impresa di Bergamo. E allora, cosa c’è ‘oltre’? Dati affidabili, capaci di far emergere subito scostamenti e colli di bottiglia, affiancati da un lavoro continuo di risk management su fornitori, impianti e persone, ragionando in ottica di costo totale di processo